venerdì 31 maggio 2024

Seconda Guerra Mondiale: Nel centenario della nascita di Giovanni Longo, marinaio della Regia Marina, e le navi ospedale

Cefalunews, 5 dicembre 2018

Le navi ospedale (1) comunemente chiamate anche navi bianche (dal colore bianco per cui esse venivano tinteggiate), durante la Seconda Guerra Mondiale svolsero il compito di soccorrere i naufraghi e assistere i feriti e gli ammalati, sia nei mari italiani sia nelle delicate missioni d’oltremare. Tuttavia, analoga mansione fu pure assolta dalle unità minori, le cosiddette navi ambulanza per il trasporto dei feriti, e dalle navi soccorso (2)

Queste ultime, ebbero l’incarico, durante le loro missioni di ritrovare i superstiti e i feriti a seguito degli scontri aerei o degli affondamenti, per poi trasferirli nelle vere e proprie navi ospedale. Munite di dispositivi di illuminazioni specifiche, le navi bianche erano riconoscibili altresì dalle vistose croci rosse (simbolo internazionale di neutralità), impresse nei fumaioli, e dalle strisce longitudinali di colore verde, interrotte da croci rosse dipinte nelle murate (3)

Gli stessi contrassegni erano applicati anche nelle scialuppe di salvataggio e nelle imbarcazioni a disposizione dell’unità. Malgrado queste peculiari insegne di riconoscimento, le navi bianche, che rammentiamo, erano sprovviste di armamento, furono oggetto di attacco indiscriminato con perdite anche pesanti. 

Di varia grandezza, e di entrambe le tipologie, le navi ospedale sia esse motonavi o piroscafi, in origine, erano navi mercantili o passeggeri e appartenevano a compagnie di navigazione nazionali. In realtà, le navi, una volta requisite dalla Regia Marina, venivano riadattate alle nuove funzioni di ospedale galleggiante; e conservando il loro equipaggio, lo completavano con il personale medico e infermieristico, avvalendosi anche dell’ausilio delle crocerossine. 

Il personale sanitario era posto sotto il comando di un colonnello medico, ossia il Direttore sanitario, il quale aveva anche le funzioni di Regio Commissario di bordo, quest’ultimo, affiancava il comandante dell’unità navale (un ufficiale della Marina mercantile militarizzato al pari dell’equipaggio). Integravano il personale di bordo anche alcuni specialisti della Regia Marina, ossia: segnalatori, meccanici e furieri. Ciò nonostante, anche le navi da crociera, fornirono il loro aiuto umanitario. 

Infatti, i grandi transatlantici: “Vulcania”, “Saturnia”, “Duilio” e “Giulio Cesare” che noleggiati dalla Croce Rossa Internazionale, e in accordo con le forze alleate, vennero impiegati per trasportare in patria migliaia di profughi connazionali dall’A.O.I. dopo la caduta dell’Impero. 

Queste grandi navi passeggeri, alcune di esse munite di sala operatoria, furono dotate dei contrassegni di neutralità come quelle esibite dalle navi ospedale. Per amore di precisione, è opportuno ricordare in questo contesto anche l’operato delle unità navali che effettuarono nei porti neutrali lo scambio dei prigionieri feriti, o gravemente malati. Tali navi, per essere riconoscibili, recavano impresse sulle murate la scritta PROTECTED (PROTETTA). 

Le navi ospedale della Regia Marina italiana furono inquadrate nel settore del Naviglio Ausiliario Autonomo, ed erano alle dirette dipendenze dell’Alto Comando Marina, conosciuto anche col nome di Supermarina, il quale dipendeva direttamente dal Comando Supremo delle forze armate italiane.

Nel centesimo anniversario della sua nascita, voglio ricordare l’Infermiere della Regia Marina Giovanni Longo, mio padre, matricola 71106 classe 1918, decorato con la Croce al Merito di Guerra. Egli partecipò alle operazioni belliche 1940-43 per i periodi sotto indicati:

P/fo Sorrento dall’1/1/1941 al 23/7/1941

Marina Olbia dal 2/10/1941 al 30/1943

Maridifedepo La Maddalena dal 15/4/1943 al 18/9/1943

Maridifedepo La Maddalena dal 19/9/1943 al 29/12/1943

Il marinaio Giovanni Longo, apparteneva al Corpo Reale Equipaggi Marittimi, fu arruolato in Marina svolgendo il ruolo di infermiere. Prestò servizio presso la Nave soccorso “Sorrento” e in località di Pola, presso l’Ospedale Militare Marina - Venezia. Golfo degli Aranci (Sardegna), con una Batteria Navale. Olbia, al Deposito della Maddalena, ove venne aggregato presso quella infermeria e successivamente inviato in congedo. 

Nel dopoguerra, essendosi arruolato nel Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, con il Brevetto n° 17547, rilasciatogli dal Ministero Difesa Marina Direzione Generale del C.E.M.M. in data 14/9/1956, fu autorizzato a fregiarsi del distintivo del periodo bellico 1940-1943 e ad apporre sul nastrino n. 3 stellette d’argento.

La motonave “Sorrento” insieme alle gemelle “Equa”, “Meta” ed “Epomeo”, appartenevano alla Società anonima Partenopea di Navigazione (SPAN). Nel corso della Seconda Guerra Mondiale le piccole motonavi furono tutte requisite dalla Regia Marina. La nave “Sorrento”, nel maggio 1943, fu trasformata e riadattata per svolgere interventi sanitari militari. Infatti, essa, divenne una nave soccorso e fu iscritta nel ruolo di naviglio ausiliario, con la sigla alfanumerica S7. 

Il “Sorrento” fu impiegato per eseguire missioni, alla ricerca di naufraghi o piloti d’aerei abbattuti; e tecnicamente era pronta per salpare nel giro di mezz’ora per raggiungere la sua destinazione. Come per le navi ospedale anche le navi soccorso erano contrassegnati dai simboli stabiliti dalla Convenzione di Ginevra: scafo e sovrastrutture bianche, fascia verde interrotta da croci rosse sullo scafo e croci rosse sui fumaioli. 

Con la caduta dell’Impero italiano in Africa orientale, la nave venne dislocata a La Maddalena e lì vi sostò fino all’armistizio dell’8 settembre; sino ad allora la nave aveva effettuato complessivamente 25 missioni operative. La nave soccorso Sorrento venne derequisita nel maggio 1945 e riconsegnata all’originaria compagnia di navigazione.

Abbiamo chiesto allo storico navale Virginio Trucco (4) di parlarci delle navi ospedale e della nave ausiliaria “Sorrento”, operanti nei mari italiani e nel Nord Africa durante la Seconda Guerra Mondiale.

Le navi ospedale della Regia Marina

«Già nel XVII secolo, furono create utilizzando delle Galee in disarmo delle infermerie per i marinai malati e per quelli che giungevano in porto dopo lunghe navigazioni in quarantena, dette navi presero il nome di Pulmonarie; nel 1798, la Victory, non più ritenuta idonea al combattimento fu adibita alla cura dei prigionieri francesi feriti.

La prima nave ospedale della Regia Marina fu il piroscafo ad elica Washington; la nave ex mercantile francese Helvetie da 1400 t costruita nel 1854, fu comprata dalla Regia Marina e nel 1866 per volere dell’ispettore del corpo sanitario della Regia Marina Luigi Verde, fu trasformato in ospedale natante con una capacità di 100 posti letto,il personale sanitario era composto da cinque medici, un farmacista, un cappellano e venti infermieri. Il suo primo impiego fu nei giorni 18, 19 e 20 luglio 1866 durante la Battaglia di Lissa. L’unità fu sempre attiva nel soccorso in mare e nelle aree terrestri in prossimità del mare, la nave fu radiata nel 1904.

La convenzione dell’Aja del 1907 definì il concetto di nave ospedale, all’articolo 4 furono definite le caratteristiche necessarie per considerare una nave “nave ospedale”. La nave doveva avere idonei segni di riconoscimento e particolare illuminazione. Le navi ospedale operarono in Eritrea alla fine del 800, durante il terremoto di Messina nel 1908 e la guerra di Libia nel 1911.

Durante la Grande Guerra, le navi ospedale furono utilizzate per il salvataggio dell’esercito serbo, per il trasporto dei feriti dal fronte di Salonicco e alcune furono ormeggiate nel porto di Venezia, al fine di garantire assistenza ai feriti provenienti dal fronte. 

Al fine di assistere i feriti della Brigata Marina a difesa del basso Piave, vennero modificati due vaporetti lagunari di Venezia, a prua furono sistemati una trentina di posti letto e a poppa una sala operatoria, inoltre vennero adibiti al trasporto feriti 3 motoscafi, trasformati in ambulanza, con 8 posti in barella per i feriti più gravi e sedili per quelli lievi o malati, i motoscafi si spingevano fino alle trincee sparse lungo i canali per raccoglierei feriti e portarli ai vaporetti ospedale. 

Negli anni Trenta durante la guerra d’Etiopia, vennero istituite delle navi Trasporto Infermi, questo espediente era usato al fine di permettere alle navi di trasportare truppe e rifornimenti durante il viaggio d’andata e feriti e malati durante quello di ritorno.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, la Regia Marina attrezzò 19 unità fra navi ospedale e navi soccorso, le seconde venivano utilizzate per la ricerca dei naufraghi per poi trasferirli sulle navi ospedale, le unità operarono soprattutto sulla rotta per il Nord Africa e il Mediterraneo Orientale, nonostante le navi avessero i regolari contrassegni, le unità furono spesso attaccate dagli Inglesi, nonostante l’Italia denunciasse gli attacchi alle autorità di Ginevra gli attacchi alle nostre navi continuarono causando l’affondamento di 12 unità.

Oggi la Marina Militare non dispone di navi ospedale, ma le navi da Sbarco classe San Giorgio, le portaeromobili Cavour e Garibaldi dispongono di sistemazioni sanitarie da utilizzare in guerra ma soprattutto in Pace».


Nave soccorso “Sorrento”


«La Nave Soccorso “Sorrento” fu ordinata dalla SPAN - Società Partenopea Anonima di Navigazione, assieme a 3 unità gemelle ai cantieri Tosi di Taranto, la Sorrento fu impostata nel 1928, varata nel 29 e consegnata nel marzo del 1930. Le sue caratteristiche erano le seguenti:

lunghezzaf.t.39.37m; larghezza 6.83m; immersione 2.57m, stazzava 243 tsl, lo scafo era diviso da 7 paratie stagne; l’apparato motore era costituito da due motori diesel da 600CV, che agivano su 2 eliche e conferivano all’unità una velocità fra i 12 e 14 nodi, l’equipaggio dopo la trasformazione era costituito da 50 uomini,compreso il personale sanitario.

Alla consegna la nave venne inscritta con la matricola 341 al Compartimento marittimo di Napoli e fu adibita al trasporto di passeggeri fra il Golfo di Napoli e le isole dell’arcipelago campano. 


All’inizio della guerra fu l’unica delle 4 unità a non venire requisita dalla Regia Marina e continuò il suo normale servizio, nel gennaio del 1943 a causa dell’usura e perdita delle unità gemelle, la Regia Marina venne anch’essa requisita, fu inscritta nel registro delle unità ausiliarie della Regia Marina e ricevette la sigla S7 e come due delle gemelle fu classificata nave soccorso, cioè adibita al recupero di naufraghi o piloti abbattuti, per questo sempre pronta a muovere in 30 minuti. 


Fu inviata a Taranto, dove vennero eseguiti i lavori per dotarla di una sala operatoria d’urgenza, ambulatori per la cura di traumi, ipotermia e ustioni, 10 posti letto per i ricoverati e le sistemazioni per il personale sanitario, fu inoltre dipinta con i colori prescritti dalla Convenzione di Ginevra: scafo e sovrastrutture bianche con fascia verde sull’opera morta intervallata da croci rosse presenti anche sul fumaiolo. 


Terminati i lavori nel maggio del ‘43, vista la perdita dell’Africa Settentrionale, la nave fu dislocata alla Maddalena,dove sino al 9 settembre effettuò 25 missioni, alla proclamazione dell’armistizio la nave rimase inizialmente alla Maddalena, per trasferirsi poi a Taranto dove venne utilizzata in compiti vari fino alla fine della guerra, vista la necessità di ristabilire i collegamenti con le isole Campane, fu derequisita nel maggio del ‘45, sottoposta di nuovo a lavori a Taranto, riprese il servizio nel Golfo di Napoli nel giugno del ‘46. 


Nel 1949 la nave fu sottoposta a un ciclo di grandi lavori e rientrò in servizio nello stesso anno. Fu sottoposta a un ulteriore turno di ristrutturazione e ammodernamento di lavori nel 1954, durante il quale furono sostituiti i vecchi motori con dei nuovi diesel Benz con una potenza di 890CV, dopo i lavori la stazza della nave risultò di 308.44tsl, i nuovi motori gli permisero di raggiungere una velocità superiore ai 13 nodi, al termine dei lavori la nave fu ribattezzata “Città di Sorrento”. 


Nel 1975 passò di proprietà della CAREMAR (Campania Regionale Marittima) e dopo pochi anni nel 1979 fu radiata e venduta per la demolizione».

 

(1) Navi ospedale 1940-1945: “Aquileia”, “Arno”, “California”, “Città di Trapani”, “Gradisca”, “Po”, “Principessa Giovanna”, “Ramb IV”, “Sicilia”, “Tevere”,“Toscana”, “Virgilio”.

(2) Navi socorso 1940-1945: “Capri”, “Epomeo”, “Giuseppe Orlando”, “Laurana”, “Meta”, “San Giusto”, “Sorrento”.

(3) Convenzione per l’adeguamento alla guerra marittima dei principi della convenzione di Ginevra del 22 agosto 1864, art. 5.

(4) Virginio Trucco è nato a Roma, ha frequentato l’Istituto Tecnico Nautico “Marcantonio Colonna”, conseguendo il Diploma di Aspirante al comando di navi della Marina Mercantile. Nel 1979,frequenta il corso AUC (Allievo Ufficiale di Complemento) presso l’Accademia Navale di Livorno, prestando servizio come Ufficiale dal 1979 al 1981. Dal 1981 è dipendente di Trenitalia S.p.A. Lo storico navale Virginio Trucco è membro dell’Associazione Culturale BETASOM (www.betasom.it).

 

Bibliografia:

Aula Busi dell’Istituto di Radiologia del Policlinico Umberto I di Roma - 14 maggio 2018. Dal Convegno “Attività sanitarie a bordo di navi passeggeri” organizzato dal Prof. Mauro Salducci.

Enrico Cernuschi, Maurizio Brescia, Erminio Bagnasco, “Le navi ospedale italiane 1935-1945”, Albertelli Edizioni, Parma, 2010.

Francesco Ogliari, Lamberto Radogna, Achielle Rastelli, Alessandro Zenoni “Dallo smoking alla divisa: la marina mercantile italiana dal 1932 al 1945”. Cavallotti Editori, 1984.

Francesco Pancrazio “Attraverso oceani per una missione umanitaria” - appunti di un medico, Nerbini, 1943.

Foto di copertina: Il marinaio Giovanni Longo, del Corpo Reale Equipaggi Marittimi.


Foto a corredo dell’articolo: La Sorrento in servizio come nave soccorso. Da https://www.naviearmatori.net/ita/index.html.


 

Giuseppe Longo


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L’eroica resistenza del 10° Bersaglieri in Sicilia sud orientale durante l’Operazione Husky del 1943

 MadonieLive, 9 giugno 2012

Pubblichiamo con grande piacere il commento del Presidente della Sezione Bersaglieri di Montecatini Terme in provincia di Pistoia, il sig. Filippo Lanzarini. Il commento si riferisce al mio articolo apparso su questo giornale telematico il giorno 09 luglio 2011 dal titolo “Le postazioni militari costiere siciliane nel quadro delle operazioni belliche del Secondo Conflitto Mondiale “. 

La sua esposizione non fa altro che integrare e arricchire di particolari, quanto avvenne in Sicilia il 10 luglio 1943 e quali unità militari italiane parteciparono a contrasto dell’Operazione Husky (cane da slitta). Tale Operazione fu la prima azione di guerra del secondo conflitto mondiale sul suolo italiano da parte degli eserciti alleati (Stati Uniti, Inghilterra e Canada). 

La massiccia invasione dell’esercito anglo americano nella maggiore Isola del Mediterraneo fu l’inizio della campagna militare in Italia. Ecco quanto scrive il Presidente Lanzarini “Il 10° Rgt Bersaglieri fu costituito il 1°Gennaio 1871 con i Battaglioni XVI, XXXIV, XXXV e XXXVI ne ereditarono le Tradizioni (Presenza Guerre d'Indipendenza e Presa di Roma). Concorse alla Formazione dei Battaglioni per la Guerra d'Africa 1895 - 1896 e la Guerra Italo Turca 1911-1912. Ebbe sede a Palermo per diversi anni. Partecipò alla Grande Guerra. 

Durante il Secondo Conflitto Mondiale il 10° Rgt affluì dalla Sicilia alla Tunisia alla fine di Novembre 1942 rientrò in Sicilia e s’impegnò in una lotta strenua nella zona di Agrigento riuscendo momentaneamente ad arrestare le forze avversarie tenendo in Grande Onore il prestigio delle armi italiane. Per tale condotta la sua Bandiera di Guerra ricevette 1 Medaglia di Bronzo al V.M. Sciolto a seguito dell’Armistizio del 1943, non fu più ricostituito”. 

In realtà dal 1° aprile 1943 il “Comando Forze Armate della Sicilia” (che riprenderà dal 1° settembre dello stesso anno l’originaria denominazione “Comando 6^ Armata”), fu affidato alla direzione del gen. Alfredo Guzzoni (1877-1965). 

Il gen. Guzzoni dispose a controllo della parte Occidentale dell’Isola il XII Corpo d’Armata al comando del gen. Mario Arisio (cui gli successe dal 12 luglio il gen. Francesco Zingales) mentre la protezione della zona orientale fu assegnata al XVI C.d.A. al comando del gen. Carlo Rossi. 

La battaglia per la difesa della costa orientale dallo sbarco anglo-americano fu particolarmente cruenta, in questo combattimento si distinsero anche il Corpo dei Bersaglieri e per l’appunto il 10° Reggimento. La storia del 10° Reggimento di cui riecheggia il suo motto: “IN FLAMMIS FLAMMA” (Fiamma tra le fiamme) è ricca di pagine epiche e di gesta d’arme. Questo Reggimento fu creato per effetto del Regio Decreto 13 novembre 1870 e fu costituito il 1° gennaio del 1871. 

Malgrado si fosse costituito per ben tre volte e altrettante volte impoverito a causa dell’assottigliamento progressivo dei suoi uomini e delle relative strutture logistiche. 

I militari del 10° Rgt. si discersero per la loro abilità e coraggio. Le fila di quest’unità militare come del resto anche quelle degli altri fratelli d’arme, furono composte di uomini distintesi per la loro eroica partecipazione negli aspri fronti di guerra dell’Africa Settentrionale e per ultimo in quelle della Sicilia Orientale. 

Mi piace qui riportare quanto leggesi nell’articolo redazionale, dal titolo “I fanti piumati con le fiamme cremisi” (in UNIFORMI E ARMI 2001). I reparti dei Bersaglieri facenti parte della 6^ Armata furono: “Il 10° reggimento, su 3 battaglioni, XXXV, LXXIII e il LXXIX; il 177° Reggimento Bersaglieri Territoriale Mobile, su 3 Battaglioni formati dai depositi, DXXV, DXXVI e il DXXVII; il 1° Battaglione Bersaglieri Controcarro; il LI Battaglione Bersaglieri, il 542° Battaglione Costiero e DLVIII Battaglione dislocato in Calabria”. 

La gloria dei “Fanti Piumati” si perpetua in ogni tempo sin dalla sua istituzione. Il Corpo dei Bersaglieri fondato dal Capitano dei Granatieri delle Guardie Reali, Alessandro Ferrero della Marmora (1799-1855) che divenne in seguito il loro Comandante si distinse in tutte le campagne delle Guerre d’Indipendenza. 

Questo speciale Corpo fu voluto fortemente dal suo fondatore per la necessità di creare un’unità capace di “compiere guerra minuta, avanguardia o esplorazione, fiancheggiamento, infestare le comunicazioni e i convogli nemici, andare per siti montuosi alla scoperta di facili piste anche sul confine”. 

E’ indicativo quanto riporta il tomo: “Annuario Statistico del Regno d’Italia per l’anno 1865 compilato su dati ufficiali dal Ragioniere Angelo dell’Acqua Anno VI, Milano 1865”: (…Questo Corpo di truppa leggera fu istituito il 18 giugno 1836…) (…La divisa: Cappello di forma emisferica a larga tesa circolare, con pennacchio di penne scure per la bassa-forza, e verdi per gli Ufficiali. Tunica di panno turchino, con goletta e mostre chermisine; mantellina di panno turchino; pantaloni turchini con pistagna chermisina per la bassa-forza, e banda dello stesso colore per gli Ufficiali; cordoni di lana verde per la bassa forza…). 

La divisa sino al 1850 non subirà modifiche, in seguito, negli anni 1853, 1857 e 1859 si apporteranno minime varianti e altre ne avverranno a grandi linee sino ai nostri giorni. 

Dal decalogo scritto dal suo fondatore, se ne deduce il carattere di questi particolari militari: “Obbedienza, Rispetto, Conoscenza assoluta della propria carabina, Molto esercizio di tiro, Ginnastica di ogni genere fino alla frenesia, Cameratismo, Sentimento della famiglia, Amore al Re, Amore alla Patria, Fiducia in se fino alla presunzione”. 

Nel 1836 Il Corpo dei Bersaglieri, ebbe la sua prima sede all’interno della Caserma Ceppi di Torino e in questo presidio furono create per decreto del re Carlo Alberto (Regio Decreto del 18 giugno 1836) le prime Compagnie. Il loro battesimo del fuoco avvenne nella battaglia del Ponte di Goito il giorno 8 aprile 1848 nel corso della I^ Guerra di Indipendenza. 

Oggi i Bersaglieri alla di la della partecipazione alle varie missioni di supporto alla pace, si sono distinti anche nelle attività di aiuto in quei territori colpiti dagli eventi catastrofici naturali. In queste circostanze calamitose i Bersaglieri hanno dimostrato il loro grande senso di abnegazione e sacrificio nello svolgere la loro mansione di soccorso. 

Il senso di tale altruismo ce l’ho dimostrano a tutt’oggi, prodigandosi a favore delle popolazioni emiliane colpite dal tremendo sisma verificatosi il 20 maggio scorso. Il giorno otto settembre è festeggiata la Patrona dei Bersaglieri ovvero La Madonna Odigitria. La festività è stata ufficializzata con decreto dell’Ordinariato Militare il giorno 8 febbraio 1996.

Si ringraziano a supporto dell’annotazione del Presidente A.N.B. di Montecatini Terme, Filippo Lanzarini; la Responsabile della parte storica della Sezione A.N.B. di Montecatini Terme (PT) sig.ra Bruna Vizzani, il Presidente della Sezione Associazione Nazionale Bersaglieri di Ponte Buggianese (PT) Alfredo Mignanelli. Oltre a ciò un ricordo speciale va al defunto Ten. Col. Alfredo Mignanelli (1875-1931) che fu militare in Libia e operante nella Grande Guerra nel 10° RGT.


Foto su autorizzazione del Presidente della Sezione Bersaglieri di Montecatini Terme Filippo Lanzarini.

Giuseppe Longo 

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Termini Imerese, scopertura della lapide dedicata ai marinai del “Sebastiano Veniero”

 Giornale del Mediterraneo, 23 aprile 2015

Si è svolta ieri a Termini Imerese presso la banchina “Sebastiano Veniero” la manifestazione per lo scoprimento della lapide commemorativa relativa ai 48 uomini della Regia Marina imbarcati sul sommergibile di media crociera “Sebastiano Veniero” (1).

L’iscrizione marmorea è stata collocata nel luogo, dove prima esisteva una lapide commemorativa ormai perduta. 

Ci piace riportare quanto ha puntualizzato in proposito il Sindaco Burrafato: «La preziosa idea della ricollocazione della lapide scomparsa è stata avanzata dal signor Aldo Bacino, conoscitore della storia cittadina. Grazie alla positiva collaborazione di Beppe Giallombardo ex ufficiale di Marina, Roberto Ranieri e Antonino Monica della Marina militare, Claudio Longo Presidente dell’associazione Nazionale Marinai d’Italia, nonché del Presidente dell’Autorità Portuale Vincenzo Cannatella e del segretario Renato Coroneo. Con soddisfazione, possiamo annunziare che la lapide è stata realizzata e sarà ricollocata a memoria futura nel nostro porto in ricordo degli eroi del sommergibile Sebastiano Veniero».

Dopo la cerimonia, nel locale adiacente all’Ufficio Circondariale Marittimo è stato proiettato il documentario “Storie di Uomini e di Navi: un’avventura chiamata Veniero” di Leonardo Lodato e Guido Capraro.

All’evento erano presenti il Sindaco dott. Salvatore Burrafato, l’Assessore alla Cultura Donatella Battaglia e il Generale Mario Piraino.

Ricordiamo che i marinai del “Sebastiano Veniero” perirono tragicamente il 26 agosto 1925 durante un’esercitazione militare al largo di Capo Passero, nelle acque del Canale di Sicilia, a causa di una collisione con la nave mercantile “Capena”.

Note:

(1) Giuseppe Longo, Alla banchina di Termini Imerese scopertura della lapide in onore a “Sebastiano Veniero” e ai suoi caduti.

Bibliografia e sitografia:

Giuseppe Longo 2015, Alla banchina di Termini Imerese scopertura della lapide in onore a “Sebastiano Veniero” e ai suoi caduti, Cefalunews, 22 aprile.

Giorgio Giorgerini, Uomini sul fondo. Storia del sommergibilismo italiano dalle origini a oggi, Arnoldo Mondadori Editore, 1994.

Ph. Angelo Casà

Giuseppe Longo

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Alla banchina di Termini Imerese scopertura della lapide in onore a “Sebastiano Veniero” e ai suoi caduti

Cefalunews, 22 aprile 2015

Si svolgerà oggi a Termini Imerese alle ore 11.30 presso la banchina “Sebastiano Veniero” la scopertura della lapide commemorativa (voluta e donata dall’Autorità Portuale di Palermo e Termini Imerese) relativa ai 48 uomini della Regia Marina imbarcati sul sommergibile di media crociera “Sebastiano Veniero” (1)

Detta iscrizione verrà collocata nel sito, dove era apposta una precedente lapide commemorativa purtroppo perduta.

(1) Il “Sebastiano Veniero” era un sommergibile di media crociera, appartenete alla classe Barbarigo, costruito presso i cantieri FIAT San Giorgio di La Spezia, fu impostato il 21/10/1915, varato il 07/07/1918 ed entrato in servizio il 29/04/1919. 

Dislocava 796 tonnellate in emersione e 926 in immersione. Era lungo 67 m. largo 5,9 m. e aveva un’immersione di 3,81 m. 

Propulso da 5 motori Diesel FIAT da 2600 CV e due motori elettrici da 650cv, il sommergibile era dotato di 2 eliche. La velocità massima era di 16,8 nodi in superficie e 9,3 nodi in immersione. La sua autonomia era in emersione 690 miglia, a 16,8 nodi oppure 1850 miglia, a 9,3 nodi; in immersione la sua autonomia era di 7 miglia, a 9,3 nodi o 160 miglia, a 1,6 nodi. 

L’equipaggio era composto da 4 ufficiali e 36 fra sottufficiali e comuni. L’armento era composto da 2 cannoni da 76/40 mod.1916, 4 tubi lanciasiluri a prua e 2 a poppa, tutti da 450 mm, a bordo trovavano posto 8 siluri. 

Il sommergibile salpò da Portoferraio il 24 agosto 1925 con a bordo 48 uomini, per partecipare a un’esercitazione nelle acque a sud della Sicilia. Dopo la partenza, del sommergibile non si seppe più nulla.  

Dopo alcuni giorni, si venne a conoscenza che alle ore 6.45 del 26 agosto, il mercantile Capena della Società di Navigazione Roma, aveva avuto una collisione con un oggetto sommerso al largo di Capo Passero. 

Il mercantile che intanto aveva raggiunto Londra fu immesso in bacino per le verifiche sulla carena. Durante l’ispezione si riscontrarono parti di ottone riconducibile al Veniero. Dagli anni Settanta numerose furono le segnalazioni da parte dei pescatori siciliani, di un oggetto sommerso posto a 6 miglia da Portopalo di Capo Passero (N.d.R. in provincia di Siracusa). 

Le indicazioni portarono successivamente diversi sub a esplorare lo specchio di mare. Fra questi, Enzo Maiorca, nel 1993, insieme ai sub della Marina Militare e dei Carabinieri portò all’identificazione definitiva del Sebastiano Veniero.  

Oggi il sommergibile giace a una profondità fra i 49 e 55 metri, con ancora all’interno i resti mortali dei marinai, ciò lo rende un sacrario militare. Infatti, la Marina nel 2000, al fine di preservare il riposo dei caduti ha provveduto a chiudere gli accessi allo scafo.

Si ringrazia per le notizie storiche, caratteristiche tecniche e iconografia inerenti al sommergibile Sebastiano Veniero, lo storico navale Virginio Trucco.

Ph. Angelo Casà

Giuseppe Longo 

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Termini Imerese ed i Nuclei Antiparacadutisti alla vigilia dello sbarco alleato del 1943

Giornale del Mediterraneo, 25 giugno 2013

I Nuclei Anti Paracadutisti (NAP) furono unità speciali dipendenti dai “Comandi di Settore Costiero” e furono dislocati su tutto il territorio italiano durante la Seconda Guerra Mondiale. Tali unità, furono impiegate per intercettare e impedire ogni azione di sabotaggio da parte del nemico, come “aviosbarchi” o “aviolanci”. 

Le sortite avversarie erano eseguite da reparti d’elite con l’obiettivo di compiere raid, incursioni o carpire, tramite personale infiltrato, particolari informazioni o piani strategici segreti. 

I NAP, per la stragrande maggioranza, erano composti da riservisti (veterani della Grande Guerra) scelti tra i soldati locali e che intensificavano le azioni di perlustrazione del territorio dopo ogni allerta. Al controllo delle zone, oltre ai NAP, si affiancavano durante i rastrellamenti, anche i militari appartenenti ai Reali Carabinieri, o alla Regia Guardia di Finanza, oppure agli uomini facenti parte del Corpo degli Agenti di Pubblica Sicurezza.  

A tal proposito, la città di Termini Imerese (PA) ebbe modo di ospitare i Nuclei Anti Paracadutisti all’interno della cosiddetta “Caserma Flora”, così denominata per la contigua area a verde (antenata dell’attuale Villa Comunale Nicolò Palmeri). Il presidio militare (in seguito intitolato al generale Giuseppe La Masa) sin dal XVI sec. e fino al primo quarantennio del XIX secolo scorso fu ininterrottamente sede di una guarnigione. Nel dopoguerra, la struttura fu destinata a plesso scolastico e nella metà degli anni Ottanta del XX secolo, la struttura del complesso fu in parte riadattata alle nuove funzioni. 

L’edificio, ubicato in via Garibaldi, ospita, infatti, attualmente gli Uffici Amministrativi del Comune. La presenza dei NAP nella città imerese è comprovata attraverso una “Cartolina Postale per le Forze Armate” (la cui stampa era curata dal Regio Esercito Italiano), spedita con destinazione Termini Imerese, datata 1943. La sopraindicata cartolina postale fu indirizzata al Sottotenente Lorenzo Ganci, del 344° Nucleo Anti Paracadutisti. 

Il Ganci, Ufficiale effettivo dell’Esercito era alloggiato presso l’Albergo delle Terme, almeno fino alla notte del 22 luglio 1943, quando per l’appunto il capoluogo siciliano fu liberato dalle forze Alleate. Il Sottotenente Ganci usufruiva della suite all’Hotel des Bains poiché la Caserma Flora era sprovvista degli alloggiamenti per gli Ufficiali di ruolo. 

La cartolina postale, fu spedita dal Sottotenente Piero Giuffrida, appartenente alla 3^ Compagnia del 370° Reparto Battaglione Costiero. Riportiamo qui seguito, per comodità dei lettori, la trascrizione della suddetta missiva, datata 28 gennaio 1943:

(Destinatario) “Al S[otto]ten[ente] / Lorenzo Gangi / Albergo delle Terme / Termini Imerese.

Grado, Cognome e nome del Mittente: S[otto]ten[ente] Piero Giuffrida / Reparto: 370 B[at]t[a]g[lione] Costiero / 3a Comp[agnia] P.M.: 9500.

28-1-943  / Caro Lorenzo, / con la presente ti / rendo noto che mi trovo / di nuovo fuori la C[om]p[agnia] / Perché sono stato incaricato / a sostituire il Comandante / dell’altro nucleo (344°) per / altri 15 gg. [omissis] / La posta tua è stata smistata. / Cari saluti / e abbracci.  / Piero.

 

Il 370° Battaglione Costiero, al quale apparteneva il Sottotenente Giuffrida, verosimilmente era inserito insieme al 371° 442° e al 503° nel 119° Reggimento Fanteria Costiero. Il 119° R.F.C. fu costituito il 20/3/1942 e mobilitato in data da destinarsi, secondo quanto riportato nella circ. 28030 del 7.3.1942 dello S.M.R.E. Uff. Ordinamento 3a Sezione. Certamente, l’insufficienza di notizie riguardo ai quadri relativi alle divisioni e ai reggimenti italiani e, nello specifico, in Sicilia, successivamente alla “Campagna del Nordafrica” (1940-1943) e alla vigilia dello sbarco anglo-americano sulle coste della Sicilia (9-10 luglio 1943), non soddisfa la nostra ricerca storica e la “sete” di notizie dei lettori. 

In realtà, a causa della distruzione del carteggio militare (una prassi prevista dalla dottrina militare in caso di assedio), scomparvero quasi del tutto gli archivi e con essi anche le memorie storiche relative a questi eventi bellici. 

Al termine della guerra in Africa settentrionale (13 maggio 1943), si ebbe nella nostra Isola, un riordinamento radicale dei quadri militari. Sarà questa compagine che affronterà, con non pochi problemi e nel segno dell’eroismo, le forze Alleate durante lo sbarco avvenuto nei litorali siciliani tra la notte del nove e dieci luglio 1943.

Si ringrazia per le indicazioni documentarie il colonnello Mario Piraino (Direttore della Biblioteca di Presidio del Comando Regione Militare Sud); e per gli utili suggerimenti, il dott. Vito Zita (responsabile del sito on-line “Regio Esercito”) e il dott. Daniele Grioni “A.S.S.Fort. Sardegna” (Associazione Studi Storici Fortificazioni Sardegna).

Giuseppe Longo 

https://www.gdmed.it/

giovedì 30 maggio 2024

Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale (M.V.S.N.) - Milizia Artiglieria Controaerei

 Cefalunews, 30 marzo 2021

In Italia, per venire incontro alle esigenze circa la difesa contraerea sul territorio nazionale, fu istituita con Regio Decreto Legge del 28 novembre 1927, n. 815, la Milizia Artiglieria Controaerei, ossia, semplici nuclei facenti parte delle legioni ordinarie, che da lì innanzi diedero forma a delle vere e proprie unità per una pronta difesa, disciplinandola con adeguati sistemi e mezzi per il raggiungimento di tale scopo. 

In origine, però, il compito per la difesa contraerea territoriale fu svolto dai reggimenti di artiglieria controerei del Regio esercito. Poi, al fine di evitare lo spostamento di questi reggimenti in zone dove si richiedeva il loro intervento, fu deciso di separare la difesa controerea campale dalla difesa territoriale. Decisione, questa, affinché non si sottrassero risorse all’esercito per la costituzione di un corpo per la difesa controaerea. 

Di conseguenza, diminuirono i numeri dei reggimenti di artiglieria controaerei dell’esercito, e tale nuovo compito fu affidato ad una forza interamente volontaria: la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (M.V.S.N.), nello specifico, la Milizia Artiglieria Controaerei.

Oltre alla Regia Aeronautica, e all’artiglieria controaerei del R.E., la Milizia Artiglieria Controaerei fu un ulteriore deterrente per la difesa delle zone di importanza strategica e particolarmente sensibili, quali: agglomerati industriali, porti, ferrovie, aeroporti, acquedotti centri urbani ecc.

In realtà, come scrive il Generale Attilio Teruzzi (1882 - 1950) Capo di stato maggiore della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (M.V.S.N.) nel capitolo “La difesa aerea” nel suo: “La Milizia delle Camicie Nere e le sue specialità”, riguardo alla nuova arma aerea e il ruolo della Milizia che diverrà l’immensa riserva di volontari.

[…] Nelle guerre future le ostilità verranno probabilmente iniziate per le vie dell’aria. I mezzi di combattimento, che hanno raggiunto una grande autonomia, una straordinaria potenza distruttrice e una velocità impressionante, potranno, se posti nelle mani di capi intelligenti e di esecutori audacissimi, recare gravissimi danni materiali alle località del nemico, e dal punto di vista morale varranno a scuotere profondamente gli animi delle popolazioni civili, diffondendo il terrore. Occorreva pertanto organizzare nei centri urbani una forte difesa contraerea territoriale. Tale compito è stato affidato alla Milizia; ci si vale così di una delle più tipiche caratteristiche della nostra Istituzione: quella di avere reparti dislocati in tutti i paesi del Regno e formati da uomini che vi risiedono e che il più delle volte vi sono nati […].

Tuttavia, dopo la creazione della Milizia Artiglieria Controaerei, si ritenne necessario e urgente sistemare la difesa aerea territoriale. Pertanto a partire dal 1930 fu istituita la Milizia per la Difesa Aerea Territoriale (DAT), che ebbe:

[…] il còmpito di predisporre in tempo di pace e di attuare in tempo di guerra, in concorso con le unità controaeree delle altre forze armate, la difesa del Paese da attacchi aerei nemici. Essa, in caso di mobilitazione o quando sia necessario, per la sicurezza dello Stato, con deliberazione del Governo, passa alla diretta dipendenza del Ministero della guerra o del Comando supremo […]. Cfr. Regio Decreto-Legge 18 febbraio 1930, n. 93. Numero di pubblicazione 332. Pubblicato sulla G.U. n. 53 del 5 marzo 1930 (VIII).

L’ispettorato della Milizia DAT, dipese dal Ministero della guerra (Comando del Corpo di Stato Maggiore) sia per la parte tecnica, addestrativa, d’impiego e per tutto quanto concerné il materiale. Mentre al Comando generale della M.V.S.N. spettarono le mansioni inerenti al reclutamento, alla disciplina, all’amministrazione e i compiti d’istituto.

Successivamente, La DAT fu trasformata in Milizia per la Difesa Controaerea Territoriale (MDCAT e in seguito MDICAT). La MDICAT, insieme alla Milizia per le batterie da costa (M. da COS) fu posta sotto le dipendenze dell'Ispettorato, poi “Comando della MDICAT e da COS.”.

La MDICAT fu dotata di armi di superficie: artiglierie, armi automatiche e mezzi ausiliari: proiettori per l’illuminazione e la scoperta dei bersagli aerei notturni ed anche aerofoni che furono utilizzati da volontari ciechi. Infatti, con la legge del 20 novembre 1939 (XVIII), n. 1827, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 293 del 19 dicembre 1939, si disciplinò l’impiego dei ciechi nei reparti delle Milizie controaerei e artiglieria marittima per la ricezione aerofonica.

Inoltre, in seno alla MDICAT il cui motto sui gagliardetti recita: “Il nemico non prevarrà dal cielo”, vennero creati reti di collegamento telefoniche e radiotelegrafiche e un sistema di avvistamento suddiviso in zone, definite maglie di avvistamento. Ciascuna maglia rappresentava una zona che comprendeva una o più località di 1° grado (Comandi DICAT), e diverse località di 2° grado. Il loro limite d’azione era rappresentato da una serie di posti di avvistamento dislocati tra loro ad una distanza di 6 o 10 chilometri.

Questi posti di avvistamento furono occupati da personale composto di vedette e telefonisti che assicurarono un servizio continuato sia diurno che notturno. Nel caso di sorvoli di aerei nemici le sentinelle davano immediata comunicazione alle altre strutture militari retrostanti, vale a dire, i “centri di raccolta notizie” con i quali erano ininterrottamente collegati. Le strutture retrostanti a loro volta furono collegati con i Comandi della Difesa Controaerei situati nelle località di 1° grado, inseriti in ogni maglia di avvistamento. Tale sistema ramificato poté fornire con la massima urgenza ogni comunicazione dalla “fonte” al “destinatario”.

Con il Regio Decreto Legge del 24 novembre 1938 (XVII), n.1888, fu apportata la modificazione dell’ordinamento della Milizia DICAT e della Milizia da COS. Infatti, la Milizia per la difesa controaerei territoriale (MDICAT) cambiò la sua denominazione in Milizia Artiglieria Controaerei (MACA). Mentre la Milizia per le batterie da costa (M. da COS) mutò il suo nome in Milizia artiglieria marittima (MILMART).

Entrambe le Milizie dipesero da un unico Comando delle milizie controaerei e artiglieria marittima, e fu retto da un luogotenente generale della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale.

Con il Regio Decreto Legge del 6 dicembre 1943, N. 16/B (1), emanato dal Governo Badoglio, si decretava lo Scioglimento della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e delle Milizie speciali: confinaria, controaerea (MACA), e marittima (MILMART).

(1) «La milizia volontaria per la sicurezza nazionale, istituita con R. decreto 14 gennaio 1923 n. 31, e ripartita successivamente con altre disposizioni in milizia legionaria e sue specialità (confinaria, contraerea «M.A.C.A.», marittima «Milmart») è sciolta. Non sono permesse formazioni a carattere e inquadramento militare di qualsiasi partito». Scioglimento della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e delle Milizie speciali, pubblicato Sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia P.M. 151 Mercoledì 8 dicembre 1943, Serie speciale Anno 84° numero 4/B.

Bibliografia e sitografia:

Attilio Teruzzi, La Milizia delle Camicie Nere. Milano, Mondadori, 1939.

Lucas-G. De Vecchi, Storia delle unità combattenti della M.V.S.N. 1923-1943. Roma, Giovanni Volpe Editore, 1976.

Ilari - A. Sema, Marte in orbace, Casa Editrice Nuove Ricerche, Ancona, 1988

Guido Rosignoli, MVSN. Storia, organizzazione, uniformi e distintivi. Parma, Ermanno Albertelli Editore, 1995.

Carlo Alfredo Clerici, Le difese costiere italiane nelle due guerre mondiali. Parma, Albertelli Edizioni Speciali, 1996.

Felix VillaScudetti molto speciali, Uniformi e Armi n. 89, Agosto 1998.

Carlo Rastrelli, Un esercito in camicia nera, Storia Militare n. 129, pagg. 43-53, Giugno 2004.

Luciano Alberghini Maltoni, Le batterie della Regia Marina nel Dodecaneso, Storia Militare n. 149 pagg. 31-42, Febbraio 2006.

Piero Crociani - Pier Paolo Battistelli, Le camicie nere. Pordenone, Libreria Editrice Goriziana, 2014.

Pierluigi Romeo Di Colloredo Mels, Camicia nera! Storia militare della milizia volontaria per la sicurezza nazionale dalle origini al 25 luglio. Vignate (MI), Soldiershop, 2018.

Giuseppe Longo – Palermo, Pagine sul secondo conflitto mondiale in Sicilia e nel distretto di Termini Imerese, “La postazione militare del Belvedere di Termini Imerese, Istituto Siciliano Studi Politici ed Economici  (I.S.P.E.) 2021.

Foto a corredo dell’articolo:

Milizia Artiglieria Controaerei, “LARES ET ORAS IN HORA TUEBIMUR”. Illustratore, Vittorio Pisani. Cartolina viaggiata, 7 febbraio 1941. XIX. Collezione privata.

Si ringrazia Eduardo Giunta Fotografo (per la riproduzione illustrativa inserita nel testo).

Giuseppe Longo

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