Cefalunews, 11 giugno 2023
L’11 giugno
di 80 anni fa capitolava Pantelleria, definita dalla stampa di regime la
“Gibilterra italiana”. Infatti, dopo un’incessante offensiva aerea
anglo-americana (18 e 30 maggio 1943), furono decisivi per la resa della
guarnigione i cannoneggiamenti navali britannici compiuti dall’1 all’’11
giugno. Tuttavia, già nella notte tra il 10 e l’11 maggio, l’isola, distante
circa 150 miglia a nord-ovest da Malta, era stata posta sotto stretta
sorveglianza da parte di alcune motosiluranti della Royal Navy, per impedire i
rifornimenti provenienti dal territorio metropolitano. Sin dall’ottobre del
1940 gli inglesi avevano dimostrato un certo interesse verso questo primo lembo
di terra italiana, situata nel Mediterraneo centro-occidentale.
In realtà,
era stata pianificata un’invasione, definita con il nome in codice “Operazione
Workshop”. Subito tralasciata per dare spazio a un primo progetto di
occupazione della Sicilia, definito piano “Influx”. Anch’esso abbandonato
l’anno successivo, su decisione dei Capi dello Stato maggiore unificato, poiché
giunse nell’isola un’unità aerea tedesca particolarmente addestrata per la
guerra sul mare, il X Fliegerkorps. Un altro decisivo passo dei britannici
verso uno sbarco in Sicilia fu il progetto “Whipcord”. Quest’ulteriore
tentativo fu interrotto nell’ottobre del 1941 per la grande offensiva della
British Army in Africa settentrionale, denominata “Operazione Crusader”,
lanciata nel novembre dello stesso anno, per liberare Tobruk dall’assedio delle
truppe italo-tedesche.
Il 20
gennaio 1943 a Casablanca, in Marocco, nella conferenza segreta, chiamata
“Operazione Symbol”, s’intrapresero importanti colloqui decisionali: tra
questi, anche la programmazione dell’invasione della Sicilia al termine della
guerra in Africa settentrionale. Difatti, dopo la guerra nel deserto (10 giugno
1940 - 13 maggio 1943), l’attenzione degli alleati si diresse verso la maggiore
isola del Mediterraneo, che costituiva la testa di ponte: il primo tassello
della vittoria verso il territorio europeo, ma, non prima di aver conquistato
Pantelleria e le isole Pelagie, mediante l’Operazione Corkscrew.
Il Presidio
di Pantelleria, posto sotto il comando dall’ammiraglio Gino Pavesi, dipendeva
da “Supermarina” (tramite il Comando Militare Marittimo Autonomo della
Sicilia), e fu sede di un importante e strategico aeroporto militare. Inoltre,
la piccola isola, situata nel mezzo del Canale di Sicilia, e geologicamente
costituita da irti e scoscese rocce, era munita di hangar in caverna, depositi
sotterranei di carburante e munizioni, serbatoi d’acqua potabile, pozzi e
viveri di vario genere che rendeva la piazzaforte inespugnabile.
Ciò
nonostante […] L’isola era completamente
dipendente dai rifornimenti via mare e alla data del 25 maggio 1943
l’autosufficienza viveri per la popolazione e le Forze Armate era calcolata in
trenta giorni, mentre al momento della resa (11 giugno) essa era di 14-15
giorni […]. Cfr.
Alberto Santoni, “Le operazioni in Sicilia e in Calabria
(luglio-settembre 1943)”.
La forza
militare era formata di circa 11.000 soldati, distribuiti in: un Comando di
Milizia Marittima (MILMART), un reparto del R.E. sotto la dipendenza del
Generale di Brigata Achille Maffei, e da un reparto di militari tedeschi. Il
comando dell’aeroporto di “Margana” era stato affidato al Tenente Colonnello
Giovanni Battista Raverdino. Dopo i bombardamenti avvenuti tra il 6 e il 10
giugno 1943, l’avamposto si arrese allo sbarco della 1^ Divisione britannica,
comandata dal Major General Walter Clutterbuck. Un mese più tardi, nella notte
tra il 9 e il 10 luglio, con l’Operazione Husky (10 luglio -17 agosto 1943), si
concretizzava lo sbarco in Sicilia: la manovra aeronavale, in quel momento,
considerata la più imponente e complessa della Seconda Guerra Mondiale.
Prima di
passare la parola al Dott. Geol. Donaldo Di Cristofalo (1), circa l’operazione
Corkscrew, mi piace riportare uno stralcio del Professor Alberto Santoni, nel
suo “Le operazioni in Sicilia e in Calabria, estratto dal Cap. V “La caduta di
Pantelleria e di Lampedusa e la fase preparatoria di Husky”.
[…] L’unico esempio nella storia di un’isola fortificata arresasi al solo potere aereo nemico fu quello fornito da Pantelleria che, come abbiamo accennato, dipendeva dallo stato Maggiore della R. Marina, al pari delle più meridionali isole Pelagie di Lampedusa, Linosa e Lampione […].
«Posizionata
quasi al centro del braccio di mare che separa Capo Bon in Tunisia
dall'estremità ovest della Sicilia, l'isola di Pantelleria appare come un
guardia in grado di controllare perfettamente il traffico navale tra il
Mediterraneo occidentale e quello orientale.
Eppure quei 100 chilometri tra Pantelleria e la Sicilia furono
sufficienti agli Inglesi, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, per
rifornire Malta e con essa dominare di fatto il Mare Nostrum.
Esattamente 80 anni fa, l'11 giugno 1943, Pantelleria si arrendeva
agli Alleati, determinando la prima perdita di suolo nazionale di tutte le
forze dell'Asse dall'inizio della guerra.
Assieme alla incapacità di impadronirsi di Malta, vera spina nel
fianco dell'Italia fascista, specie in relazione alle operazioni in Nord Africa,
il non avere fatto di Pantelleria quella portaerei inaffondabile che avrebbe
potuto costituire un elemento chiave nel Mediterraneo, costituisce uno di
quegli argomenti che ancora oggi animano il dibattito storico-militare.
Se sono ormai condivisi dai più i motivi di carattere economico,
industriale e politico che hanno condotto l'Italia alla sconfitta, prima di
Germania e Giappone, gli aspetti più propriamente strategico-militare e
dottrinario faticano a trovare risposte rispetto a quello che si fece, o meglio,
non si fece.
Sia i Giapponesi che gli Americani, nel vasto teatro del Pacifico,
dimostrarono come il ruolo di capital ship fosse ormai passato, in maniera drammatica e definitiva, dalle
corazzate alle portaerei, e ci si riferisce a tutte le battaglie che si
succedettero da Pearl Harbour fino alla baia di Tokyo, laddove o vi furono
scontri diretti tra gruppi di portaerei (Mar dei Coralli, Midway, Isole di
S.Cruz, Filippine, Golfo di Leyte) o queste, da parte americana, giocarono un
ruolo fondamentale per la conquista delle isole del Pacifico che, con le loro
guarnigioni nipponiche, costituivano un arco di difesa esterno del Giappone (da
Guadalcanal, alle Salomone, alle Marianne).
Pur non dimenticando l'enorme sproporzione nella capacità
industriale tra gli Stati Uniti e gli altri contendenti, la dottrina applicata
d entrambi i contendenti fu quella dell'utilizzo degli aerei imbarcati contro
obiettivi navali e di supporto alle forze di terra (appoggio aereo
ravvicinato).
Ma già i Giapponesi, con l'affondamento della corazzata HMS Prince
of Wales e dell'incrociatore da battaglia HMS Repulse, avvenuto in data 10
dicembre 1941 nello Stretto di Malacca, ad opera di aerei da bombardamento e
siluranti della Marina nipponica, avevano anticipato questo fondamentale
cambiamento della guerra per mare.
Sia i vertici politici che quelli militari dell'Italia fascista non
colsero tale cambiamento, peraltro già dolorosamente annunciato dalla Notte di Taranto (12.11.1941).
L'aeroporto di Pantelleria rimase sempre sotto utilizzato, quando
una dotazione sostanziosa di bombardieri in picchiata Ju 87 e di
bombardieri/siluranti S.M. 79, con una adeguata scorta di caccia, e con una
accentuata artiglieria antiaerea stratificata, avrebbe fatto di quest'isola una
seria minaccia nei confronti di qualunque flotta avversaria che si fosse
avventurata in quella strategica porzione del Mediterraneo.
Gli aerei utilizzati dai Giapponesi (G3M Nell, G4M Betty, D3A Val,
B5N Kate) e dagli Americani (TBD Devastator, SBN Dauntles, ma anche i
successivi TBF Avenger e SB2C Helldiver), non avevano caratteristiche superiori
rispetto ai citati aerei tedeschi ed italiani. Operavano invece con tattiche
molto avanzate di saturazione, erano disponibili in gran numero (almeno fin
quando l'aviazione di marina nipponica non venne sostanzialmente distrutta
dall'US Navy) e con equipaggi ben addestrati e motivati.
Nei fatti, quando
l'Ammiraglio Pavesi consegnò l'isola agli Inglesi, coi suoi 11.400 uomini ed
equipaggiamenti, era ormai troppo tardi. Lo scacchiere del Nord Africa era
compromesso, gli Alleati, a gennaio, a Casablanca, avevano tracciato le sorti
della guerra nel teatro del Mediterraneo, con l'attacco all'Italia, prima
nazione dell'Asse da portare alla resa incondizionata. Il controllo delle acque
e del cielo da parte degli Alleati era incontrastato, e quindi una difesa ad
oltranza di Pantelleria avrebbe significato solo inutili perdite umane, senza
spostare di un solo giorno la caduta di Mussolini».
Note:
(1) Geologo, già funzionario presso il Comune di Termini Imerese (PA), appassionato di storia militare e membro del “Comitato spontaneo per lo studio delle fortificazioni militari”.
Bibliografia
e sitografia:
Alberto
Santoni, Le
operazioni in Sicilia e in Calabria (luglio-settembre 1943). USSME, Roma, 1989.
Giuseppe Longo 2017,
Seconda Guerra Mondiale: Operazione di Mezzo Giugno - Battaglia di
Pantelleria - Cefalunews, 14 giugno.
Francesco Mattesini, L’attività aerea italo - tedesca nel
Mediterraneo - Il contributo del X Fliegerkorps, gennaio-maggio 1941, Ufficio
Storico Stato Maggiore Aeronautica, 2003.
Alberto Da Zara, Pelle d’Ammiraglio,
Ufficio Storico Marina Militare, 2015
Giuseppe Longo Le postazioni militari
costiere siciliane nel quadro delle operazioni belliche del secondo conflitto
mondiale, in Pagine sul secondo conflitto mondiale in Sicilia e nel distretto
di Termini Imerese, Istituto Siciliano Studi Politici ed Economici (I.S.P.E.) 2021, seconda edizione.
Giuseppe Longo 2023, Seconda Guerra
Mondiale: la Conferenza di Casablanca (1943-2023), Cefalunews, 12 maggio.
Foto a corredo dell’articolo: Isola di Pantelleria, da “Pantelleria Archivio Storico”.
Giuseppe Longo
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